Erotica-mente
- Dott.ssa Diana Resuttana

- 31 ott
- Tempo di lettura: 5 min
Viaggio tra fantasie, emozioni e libertà
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Come sessuologa e psicoterapeuta, incontro spesso persone che mi dicono: “Vorrei desiderare di più”, oppure: “Mi sento in colpa quando penso certe cose”.

Queste frasi somigliano a un ponte sospeso tra due sponde: da un lato la voglia di vivere la sessualità con leggerezza e piacere, dall’altro le paure, i giudizi interiori e i copioni appresi che frenano l’impulso.
In questo articolo voglio esplorare quel ponte, fatto di neuroscienza, narrazione personale e pratica clinica, per offrire idee concrete e uno sguardo che unisca corpo e mente, emozione e comportamento.
Il desiderio non è soltanto una questione fisica: è un’orchestra in cui si incontrano segnali biologici, immagini mentali, ricordi, aspettative e relazioni. Nel cervello si attivano circuiti che premiano la ricerca del piacere, ma la mente interpreta quei segnali alla luce delle storie che ci siamo raccontati. Se hai imparato che il piacere è sporco o rischioso, il cervello può spegnere il desiderio per proteggerti.
Capire questo meccanismo è già un primo passo per riprendersi la libertà di godere: la consapevolezza trasforma l’ombra in possibilità.

E quando parliamo di fantasie, spesso arriva anche la vergogna: due aspetti che si intrecciano e che meritano di essere guardati con più dolcezza. Le fantasie sessuali sono normali, diffuse, e spesso sorprendenti. Permettono alla nostra immaginazione di sperimentare scenari senza doverli mettere in pratica. Il problema nasce quando la vergogna trasforma queste immagini in segreti dolorosi.
In terapia lavoro per normalizzare le fantasie, aiutando a distinguerle dalle azioni concrete e a valutarne il significato.
a parola chiave è curiosità: osserva senza giudizio, chiediti cosa ti emoziona e quale bisogno nascosto cerca spazio attraverso quei pensieri.
Molti conflitti sessuali, invece, nascono da incomprensioni. È per questo che la comunicazione erotica diventa uno strumento potente: dire cosa ci piace, cosa ci accende o cosa ci mette a disagio può trasformare radicalmente una relazione. Non serve parlare con linguaggi complicati, basta iniziare con frasi semplici come “Mi piace quando…”, “Vorrei provare…”, “Mi dà fastidio quando…”.

La Mindfulness applicata alla sessualità non chiede di “raggiungere un obiettivo”, ma di assaporare ciò che accade istante dopo istante. Un tocco lento, uno sguardo che si ferma, un respiro condiviso: il piacere si nutre di questi dettagli.
Anche la cura quotidiana del corpo, il movimento, il riposo, l’alimentazione, sostiene il desiderio in modo stabile e duraturo. Il desiderio, però, non è una linea dritta. Cambia con l’età, con le circostanze, con le esperienze. A volte è intenso, altre volte più silenzioso. Accettare queste oscillazioni significa ridurre l’ansia e aprirsi a nuove forme di intimità.
Parlare con il partner delle fasi in cui la libido cambia, aiuta a inventare rituali nuovi: una cena sensoriale, un gioco condiviso, un tempo dedicato solo alla vicinanza.
Ogni cambiamento può diventare un’occasione per scrivere una nuova pagina della propria intimità.
Dalla mia esperienza clinica arrivano anche storie che insegnano.
Ricordo una paziente, convinta di non avere fantasie. Da bambina aveva imparato che il piacere era sporco, e così aveva cancellato ogni immaginazione erotica. Con un diario delle sensazioni e qualche piccolo esercizio di esplorazione immaginativa, ha scoperto un mondo interno ricco e rassicurante.
Una coppia, invece, si vergognava di parlare delle proprie fantasie. Introducendo la regola del “sì, no, forse”, hanno trasformato il dialogo in un gioco condiviso: da battaglia è diventato un terreno di intesa. Questi casi non sono rari: dimostrano che il percorso si costruisce con pazienza, attraverso gesti semplici e quotidiani. E non servono rivoluzioni per coltivare il piacere: spesso bastano piccoli esercizi quotidiani. Scrivere una breve lettera erotica al partner, evocare un ricordo sensuale, riscoprire i sensi con un rituale di pochi minuti, oppure concedersi un tempo di contatto senza obiettivi.
Sono pratiche che riducono la pressione della performance e riportano il piacere nella sua dimensione più autentica: quella del gioco e della scoperta. Desiderio ed emozioni viaggiano sempre insieme. Imparare a riconoscere i segnali del corpo, dare un nome alle emozioni e regolarne l’intensità significa sviluppare quella che amo chiamare “intelligenza erotica”. Non si tratta di tecniche fredde, ma di una sensibilità che cresce col tempo: osservare le reazioni, capire quali pensieri alimentano ansia o curiosità, scegliere i comportamenti che rispettano sé stessi e l’altro.
Quando le emozioni sono accolte, il desiderio ha più spazio per esprimersi senza paura. Naturalmente, il desiderio segue anche il ciclo della vita. Innamoramento, gravidanza, genitorialità, menopausa, malattia o stress: tutto incide. Non sono fasi di perdita, ma di trasformazioni. Capirlo permette di non vivere il cambiamento come una colpa o una fine, ma come un’opportunità di riscoperta. La sessualità, può cambiare forma senza perdere intensità, diventando spesso più intima, profonda e autentica.
Viviamo poi in un’epoca in cui immagini e modelli sessuali ci bombardano. Pornografia e social offrono stimoli immediati, ma anche confronti che rischiano di generare ansia o aspettative irreali. È importante chiedersi cosa stiamo cercando davvero: evasione, eccitazione, conferma?

Se il materiale esterno sostituisce l’intimità reale, è il momento di riportare al centro il contatto e la relazione. Alcune persone scelgono di esplorare forme non convenzionali di sessualità o relazioni. Anche qui, la chiave resta la stessa: informarsi, comunicare, stabilire confini chiari e rispettosi. La qualità del dialogo è ciò che rende un’esperienza erotica nutriente o sterile, non la sua intensità. E poi ci sono le domande che tutti, prima o poi, si fanno.
È normale non sentirsi mai “hot”?
Sì: molti attraversano periodi a bassa libido.
Le fantasie significano che voglio attuarle?
No: sono simulazioni mentali, spazi protetti della mente.
Come parlare di sesso con il partner?
Con gentilezza, piccole frasi, e tanta curiosità.
Quando, invece, il piacere è bloccato da traumi, da dolore fisico o da una vergogna profonda, allora può essere utile intraprendere un percorso di terapia sessuale. Non per “riaccendere” a forza il desiderio, ma per dare voce alla storia che lo ha reso silenzioso, e ricostruire un nuovo linguaggio di intimità. Parlare di piacere, in fondo, non è frivolo: è un atto etico, quasi politico. Difendere il diritto di ciascuno a vivere la propria sessualità significa promuovere benessere, relazioni più sane e una società meno ansiosa. Il piacere condiviso insegna rispetto, empatia e responsabilità.
E vorrei concludere con un invito semplice. Forse in queste righe ti sei riconosciuto, forse hai avvertito una resistenza o una scintilla di curiosità. Prova a portare con te un pensiero: la sessualità è un linguaggio vivo, e ogni giorno puoi aggiungere una nuova parola al tuo vocabolario erotico. Non serve rivoluzionare nulla, basta una carezza più consapevole, un pensiero accolto invece che scacciato, un dialogo iniziato con sincerità. Il desiderio non è un comando da rispettare, ma una fiamma che cambia intensità e che, se custodita con cura, continua a illuminare la tua libertà più autentica.
Dott.ssa Diana Resuttana




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