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Come raggiungere il benessere personale e professionale

Il capitale Umano consapevolmente emozionato come strumento del successo"



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In un mondo dominato dall’incertezza, dall’ambiguità in cui la tecnologia si evolve costantemente, il raggiungimento del benessere professionale e personale è frutto della fusione delle competenze tecniche e di quelle trasversali.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha identificato nello stato di benessere un fattore collettivo in cui rientra non solo l’omeostasi fisica ma anche le componenti psicologiche e sociali.


Una persona in salute deve esserlo anche rispetto ai parametri lavorativi, pertanto, la leva relazionale gioca un ruolo decisivo.

Essa identifica la competenza dell’organizzazione nel valorizzare il capitale umano, investendo nella promozione del rapporto relazionale.

Un’azienda, una scuola, quanto più investirà sulla qualità della relazione tanto più consentirà ai suoi dipendenti e discenti di far emergere il proprio potenziale inespresso.

È necessaria quindi la compresenza delle competenze tecniche e digitali,  definite hard skills, e delle competenze trasversali, chiamate soft skills, su cui ruota l’intero articolo.


Queste ultime sono abilità fondamentali, attitudini interpersonali che l’Unione Europea, nel 2018, ha inserito come competenze chiave della persona.

Si distinguono da quelle tecniche in quanto si possono apprendere, sviluppare, affinare ed applicarle in ogni ambito educativo, lavorativo e,  più in generale, in ogni ambito della vita.

Il compito dei professionisti, delle nuove generazioni è quello di liberarle dai pregiudizi utilizzando come escamotage l’Intelligenza Emotiva (Goleman 1995).

Tale costrutto indica la capacità di imparare a governare, guidare le proprie ed altrui emozioni dalla tenera età senza mai reprimerle, coinvolgendo la consapevolezza del sé, l’autocontrollo, la motivazione, l’empatia e le abilità sociali.


In Italia, le competenze trasversali vengono ancora ritenute doti innate sottovalutando una determinante importante, ossia la volontà e l’interesse dell’individuo rispetto al cambiamento.

Un contesto lavorativo, così come un istituto scolastico, può essere definito valido solo se non si limita all’attribuzione di un salario adeguato e alla formazione di facili campioni di classe ma punta sulla creazione di un ambiente inclusivo in cui tutti gli alunni e lavoratori possano realmente esprimere le proprie abilità,  ma soprattutto le proprie emozioni, in cui possano identificarsi, condividerne i valori, sentirsi valorizzati e di conseguenza provare soddisfazione per il proprio operato.


Appare quindi compito degli educatori, dei leader aziendali allenare l’autocontrollo e trasmettere tale abilità alla classe, al team, al fine di rendere riconoscibili le vittorie e meno amara l’accettazione delle sconfitte.

La motivazione è un altro elemento che caratterizza l’Intelligenza Emotiva; gli alunni e la squadra necessitano di stimoli, devono essere motivati ad agire.


In particolare, oltre ad essere motivati dagli altri attraverso attività didattiche di gruppo, oppure attraverso benefit, nel caso delle aziende, gli individui devono essere in grado di motivare sé stessi.

L’aumento della soddisfazione sarà direttamente proporzionale allo sviluppo di un commitment affettivo che garantirà il massimo impegno, un orientamento positivo e pro-attivo verso la classe, verso l’azienda, capace di condurre l’individuo al raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Nel 1960, McGregor (economista, docente, psicologo e scrittore statunitense),fece una rivisitazione degli studi sull’essere umano. Egli sosteneva che la funzione produttiva del lavoratore non dipendesse soltanto dai parametri tecnici ma anche dallo stato d’animo dello stesso e dal trattamento ricevuto dal datore di lavoro.

L’elemento  fondamentale diventò la persona.


Nacque così lo studio delle risorse umane.

Non dovrebbe essere così difficile comprendere che è il capitale umano a consentire la creazione del valore, l’asset strategico su cui si costituisce il vero successo.

Ogni individuo attribuisce alla propria persona e alle proprie capacità un valore profondo chiamato autostima.


Nella sfera dell’autostima dell’individuo diventa tangibile l’importanza del ruolo ricoperto dal genitore, dall’insegnante e del capo.

Gli elementi causali dell’autostima derivano dai propri vissuti familiari e corporei, dal comportamento dei genitori, dall’amore ricevuto, da fattori genetici, dal successo in ambito scolastico e lavorativo, che alimenta la fiducia in sé, dall’accettazione sociale, dalle relazioni interpersonali, dalla competenza di controllo dell’ambiente e dall’emotività.

I genitori, insieme agli insegnanti e i datori di lavoro, sono coloro che possono alimentarla o demolirla completamente.


L’incoraggiamento, la motivazione, la fiducia, rafforzano l’autostima tanto da creare forti convinzioni capaci di plasmare la personalità, e diventano nel tempo, un fardello difficile da trasformare.

Le convinzioni, che si formano soprattutto durante l’infanzia, riescono a creare un’atmosfera favorevole affinché una determinata profezia si auto-adempi.

L’Effetto Pigmalione è utilizzato per descrivere un comportamento psicologico per cui le persone protendono a conformarsi, sia in positivo che in negativo, all’immagine che altri esprimono avere di loro.


Dagli studi e le ricerche effettuate si può quindi affermare che se un genitore, un educatore o un leader nutrono infondati pregiudizi sulla bravura di un figlio, di un allievo o di un dipendente, quest’ultimo li interiorizzerà, assumerà comportamenti tali da raggiungere risultati conformi a quelle aspettative.

Un altro elemento di estrema importanza è la creazione di un valido modello da poter imitare.


Un educatore, un leader potrà essere considerato tale solo se riesce a divenire, così come diceva Albert Bandura (psicologo canadese noto per il suo lavoro sulla teoria dell'apprendimento sociale, in particolare per il suo impatto sulla teoria sociale cognitiva), un modello interessante ed attraente agli occhi di chi l’osserva.

In conclusione, appare controproducente rispettare alla lettera i programmi didattici o andare alla ricerca di nuove opportunità lavorative se non si comprende che senza l’utilizzo dell’Intelligenza Emotiva e la valorizzazione del capitale umano non si può raggiungere il vero successo.



Anna Schettino

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