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Settembre tra le vigne

Il lusso della lentezza



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C’è un momento dell’anno in cui la terra sembra trattenere il respiro.

Il sole non ha più l’arroganza di luglio, le ombre si allungano e nell’aria c’è odore di mosto e promesse.


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Cammini tra i filari e ti accorgi che qui il tempo non è una corsa, ma un fiume lento. Che ogni passo affonda nella polvere dorata della stagione e ti costringe a guardarti dentro.

Le mani si sporcano, il sudore scivola, il vento ti accarezza senza fretta. E ti viene da pensare che forse la libertà, quella vera, assomiglia a questo: niente orologi, niente notifiche, solo il ritmo antico di una terra che non ha mai smesso di respirare.


Qui, tra il profumo dell’uva matura e la carezza dorata del sole, si riscopre il piacere di respirare a fondo e ascoltare la terra che parla piano. È un’esperienza che nutre il corpo e calma la mente, un invito a ritrovare equilibrio nei gesti antichi e nei rituali della raccolta.

Trascorrere una giornata in cantina a settembre significa concedersi il lusso di rallentare.


Nell’aria fresca del mattino si mescolano l’odore dolce dell’uva e il profumo della terra umida. Ogni gesto segue un tempo antico: il taglio di un grappolo, la carezza di una foglia, il passo regolare tra i filari. Pian piano, i rumori della vita quotidiana si dissolvono, sostituiti dal silenzio vivo della campagna.

Non importa da dove vieni o cosa lasci alle spalle, la vigna ti prende e ti porta nel suo passo.

Ogni respiro è più pieno, ogni pensiero più largo, come se le colline intorno fossero lì solo per contenerti.


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In un mondo dominato dalla fretta, entrare in vigna è come varcare la soglia di un’oasi.

Il contatto con la natura scioglie le tensioni, stimola le endorfine e allena la presenza mentale. L’attenzione si sposta sui dettagli. Il succo che macchia le dita, il cesto che si riempie di grappoli, il fruscio delle foglie nel vento. I sensi si risvegliano.

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L’aria porta sentori di mosto, i colori delle colline diventano più intensi. In questa consapevolezza spontanea nasce la gratitudine: per la terra generosa, per il sole di fine estate che scalda la pelle, per la possibilità di compiere un gesto che unisce generazioni.

E non è solo la mente a trarne beneficio. Tra chinarsi, tagliare, trasportare cassette, il corpo si muove in un allenamento naturale. A fine giornata i muscoli sono piacevolmente stanchi, i polmoni pieni di ossigeno, la pelle baciata dal sole. La luce stimola vitamina D e serotonina, preparando a un sonno profondo e rigenerante.

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Il dono più grande? La riscoperta della lentezza.

Seguendo i ritmi della natura, si impara ad ascoltare il proprio corpo e le proprie emozioni con chiarezza. Lontani dalla frenesia, ci si sente parte di qualcosa di più grande. Si entra in sintonia con il ciclo della terra che si rinnova, anno dopo anno.


Poi arriva l’ultimo gesto. Sedersi all’aperto con un calice di vino, osservarne il colore, lasciarsi avvolgere dal profumo e assaporarlo lentamente. Il vino diventa memoria liquida: racchiude i gesti, le voci, la luce di quella giornata.

È la promessa di tornare, un giorno, a passo lento, lì dove il tempo si fa morbido e i pensieri leggeri.

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Per prolungare questa sensazione, scegliete un calice che vi somigli. Se prediligete il bianco, lasciatevi ammaliare da un Fiano o un Verdicchio, dorati e luminosi, sapranno evocare la brezza del mattino.


Se il rosso è il vostro colore preferito,  allora la scelta potrà ricadere su un Negroamaro o un Barbera d’Alba; vini, dal colore rubino profondo con note di amarena e spezie, perfetti per accompagnare la quiete del tramonto.

Se invece avete bisogno di dolcezza, il mio consiglio è di sorseggiare un Passito di Zibibbo o un Vin Santo, ambrati e avvolgenti, ideali per cullare il ricordo dell’esperienza vissuta fino alla notte. 


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E mentre il primo sorso ti scivola in gola, capisci che non è solo vino: è il fango che avevi sotto le unghie, il calore che ti è rimasto addosso, la stanchezza che profuma di vita.

In quel momento non c’è più fretta di nulla. Solo la certezza che tornerai, a passo lento, lì dove la terra ti insegna a respirare e il tempo, finalmente, si siede accanto a te.


La vendemmia non è solo un rito agricolo. È un viaggio interiore, una meditazione in movimento.

Si parte con la mente affollata. Si torna con il cuore pieno.



Piergiuseppe Meli

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