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Quando l'invidia diventa tossica

Il lato oscuro del risentimento sociale


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Freud e Jung l’hanno descritta con lucidità. Oggi, l’invidia negativa continua a minare relazioni, identità e salute mentale. E spesso lo fa in silenzio.


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Di cosa parliamo quando parliamo di invidia?

Non è solo gelosia. Non è nemmeno una semplice frustrazione. L’invidia è un’emozione antica, viscerale, che si insinua nel confronto e si nutre del desiderio di avere ciò che l’altro possiede – o, nei casi peggiori - di distruggere ciò che non possiamo ottenere.

Esiste però una distinzione fondamentale: da un lato l’invidia “positiva”, che può stimolare l’individuo a migliorarsi, a prendere l’altro come modello; dall’altro l’invidia negativa, che non costruisce ma corrode, che non spinge a crescere ma a ridurre l’altro, contaminando la percezione di sé e delle relazioni.


L’invidia secondo Freud e Jung

Sigmund Freud, nel suo saggio "Invidia del pene", interpreta l’invidia come una mancanza percepita: l’essere umano costruisce parte della propria identità osservando ciò che gli manca rispetto agli altri. L’invidia, in questa prospettiva, nasce come frustrazione di un desiderio irrealizzabile o proibito, che viene proiettato sull’altro.


Carl Gustav Jung, invece, la colloca nel regno dell’ombra psichica: un lato oscuro della personalità che rifiutiamo di riconoscere e che, se non integrato, agisce in modo distruttivo. La sua celebre frase — “Ciò che non affrontiamo nella coscienza, si manifesta nella nostra vita come destino” — descrive bene come l’invidia repressa possa tradursi in sabotaggio, relazioni tossiche e isolamento sociale.


L’invidia che non ammira, distrugge

L’invidia negativa non dice: “Vorrei ciò che hai tu”. Dice: “Non sopporto che tu ce l’abbia”.

È un sentimento che non porta al miglioramento, ma al discredito dell’altro. Si manifesta con frasi ambigue, ironie velenose, giudizi sminuenti. Non cerca di crescere: cerca di ridurre gli altri alla propria misura.

Spesso si maschera da critica costruttiva, da “sincerità”, da preoccupazione apparente. Ma il suo obiettivo non è aiutare: è riequilibrare un senso di inferiorità che brucia troppo per essere gestito diversamente.


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I segnali dell’invidia tossica

Riconoscere l’invidia tossica non è semplice, perché raramente si manifesta in modo diretto. Tuttavia, osservando con attenzione i comportamenti, emergono alcuni indicatori ricorrenti:

Entusiasmo a metà: persone che applaudono i tuoi successi con un sorriso forzato, ma il loro linguaggio del corpo o il tono di voce tradiscono disagio.

Svalutazione sottile: complimenti seguiti da un “ma” che ridimensiona il tuo risultato (“Bravo, però non è poi così difficile…”).

Competizione nascosta: trasformare ogni tua conquista in una gara, anche quando non c’è alcuna sfida in corso.

Critiche mascherate da consigli: suggerimenti che non mirano a migliorarti, ma a insinuare dubbi e insicurezze.

Assenza di sostegno nei momenti cruciali: spariscono quando hai bisogno di incoraggiamento, salvo riapparire quando qualcosa va storto.

Confronto costante: ogni tua esperienza diventa il metro per raccontare la loro, spesso con l’intento di superarti o ridimensionarti.

Gioia per i tuoi fallimenti: non sempre esplicita, ma percepibile in commenti ironici o in un improvviso “interesse” quando le cose non vanno bene.

Ambiguità relazionale: ti lodano in pubblico e ti criticano in privato, oppure viceversa, creando un clima di instabilità emotiva.


Questi segnali, presi singolarmente, potrebbero sembrare innocui. Ma quando diventano sistematici, rivelano un atteggiamento che non nasce da affetto o sincerità, bensì da un bisogno di ridurre l’altro per sentirsi meno inadeguati.


Perché oggi l’invidia è più pericolosa di prima

Nell’era dei social media, l’invidia è diventata un’emozione quotidiana. Le piattaforme digitali amplificano il confronto, mostrando solo la parte migliore delle vite altrui. Questo genera un senso di inadeguatezza cronica, alimentando rabbia e frustrazione.

Studi recenti dimostrano che l’uso intensivo dei social è correlato a livelli più alti di invidia e a minore soddisfazione personale.

Chi è esposto a vite “ideali” tende a sviluppare un’immagine fragile di sé, più incline a comportamenti passivo-aggressivi o svalutanti.

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Le conseguenze sociali e culturali

L’invidia tossica non è solo un problema individuale: ha effetti profondi sul tessuto sociale e culturale.


Sul lavoro:

indebolisce la collaborazione e la fiducia reciproca; alimenta dinamiche di sabotaggio, pettegolezzi e conflitti interni; riduce la produttività, perché le energie vengono spese nel confronto anziché nella crescita collettiva.


Nelle relazioni personali:

logora amicizie e legami familiari, creando fratture difficili da sanare; genera un clima di sospetto e diffidenza, in cui la sincerità lascia spazio alla competizione latente.


Nella società:

può trasformarsi in risentimento sociale, dove il successo altrui viene percepito come un’ingiustizia anziché come un’opportunità di ispirazione; alimenta fenomeni di polarizzazione e divisione, perché l’invidia si traduce in ostilità verso chi è percepito come “privilegiato”; favorisce la diffusione di populismi e narrazioni semplificate, che sfruttano il malcontento e il confronto costante tra “noi” e “loro”.


A livello culturale:

l’invidia tossica contribuisce a creare un modello sociale basato più sull’apparenza che sulla sostanza; spinge le persone a nascondere i propri successi per paura di essere giudicate, riducendo la possibilità di condividere esperienze positive; ostacola la crescita collettiva, perché invece di valorizzare il talento e l’impegno, si tende a livellare verso il basso.


In sintesi, l’invidia tossica non è solo un’emozione privata: è un virus sociale che, se non riconosciuto e gestito, può compromettere la qualità delle relazioni, la coesione delle comunità e persino la salute democratica di una società.


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Come affrontarla: per chi la subisce e per chi la prova


SE SEI VITTIMA DI INVIDIA NEGATIVA

Riconoscila: non è paranoia, certi comportamenti sono reali.

Non ridimensionarti: non spegnere la tua luce per non far sentire gli altri a disagio.

Cura il tuo spazio sociale: frequenta persone che celebrano, non che competono.

Stabilisci confini: se una relazione ti toglie energia, forse è il momento di metterla in discussione.


SE TI ACCORGI DI PROVARLA

Non giudicarti: tutti proviamo invidia. Il problema nasce quando la neghiamo o la proiettiamo sugli altri.

Ascolta il messaggio nascosto: l’invidia rivela desideri non espressi.

Lavora sull’autostima: più ti conosci e ti accetti, meno sentirai il bisogno di confrontarti.

Chiedi aiuto: un percorso terapeutico può trasformare l’invidia in crescita personale.


CONSIGLI DI LETTURA PER APPROFONDIRE

L’invidia e la vita psichicaMelanie Klein

Il lato oscuro del Sé Carl Gustav Jung

Il disagio della civiltàSigmund Freud

Il confronto che uccideTheodore Rubin

Come smettere di essere invidiosiAlberto Pellai e Barbara Tamborini


L’invidia negativa è più di un’emozione scomoda: è un campanello d’allarme. Freud ci ha insegnato che ciò che rimuoviamo torna sotto altre forme. Jung ci ha mostrato che l’ombra, se ignorata, prende il controllo.

Oggi, in una società che ci spinge al confronto continuo, imparare a riconoscere, accettare e trasformare l’invidia è una forma di igiene mentale. Forse anche di sopravvivenza collettiva.



Dott.ssa Lisa di Giovanni

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