top of page

Frodi sentimentali

Immagine del redattore: Dott.ssa Rossana FerraroDott.ssa Rossana Ferraro

Il catfishing



Ascolta il podcast dell'articolo

Se ne parla pochissimo, perché suscita imbarazzo ammettere di essere stati vittime di artifizi di natura sentimentale che possono confluire in reati ben più gravi e dannosi per la salute.

Eppure mediante i social network ogni giorno si realizzano “frodi” amorose, che rientrano nel concetto di reati cibernetici.

Tutto ha inizio con un primo contatto, che di solito risulta essere una richiesta di amicizia tra la vittima ed il cyber criminale.

Accettato l’invito, dopo l’instaurazione di un rapporto confidenziale tra l’adescatore e la vittima, la conversazione si sposta su Skype, chat private di Facebook, o videochiamata su Whatsapp.


Uno dei fenomeni più ricorrenti è il “catfishing” che si sostanzia nella creazione di un profilo falso al fine di simulare un’identità o dichiarare qualità/status inesistenti.

Ci si finge qualcun altro per intraprendere una relazione con un soggetto conosciuto on line.

Nel caso del cat-fish chi agisce ha lo scopo di intraprendere una relazione sentimentale con la vittima, che viene adescata con l’inganno.

Una volta, dunque, instaurata la relazione virtuale, nasce una coppia basata su legame sentimentale “on line”, che può proseguire anche per anni, senza, tuttavia, mai vedersi, fino al punto in cui, per le ragioni più diverse, l’inganno viene smascherato, gettando la vittima nello sconforto più totale.


In tali ipotesi, a più riprese, è stata riconosciuta l’applicabilità del reato di sostituzione di persona di cui all’art. 494 c.p., definito «il caposaldo della tutela penale dell’identità digitale» che così recita:

«chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino a un anno».


La vittima è erroneamente convinta di essere parte di una sincera relazione amorosa; per cui spesso si concede ad attività comunicative intime. In questo senso, dunque, il consenso potrebbe dirsi non liberamente prestato, quanto frutto della frode.


Quindi, qui potrebbe, dunque trovare applicazione in questi casi anche il disposto dell’art. 609-bis c.p. , il comma secondo, n. 2  secondo cui

«alla stessa pena – prevista al comma primo nel caso di violenza sessuale per costrizione – soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali [...] traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona».


Tuttavia, sono minime le persone che decidono di denunciare l’accaduto, avvinte dal senso di pudore che spinge a vergognarsi di essere state vittime di tali azioni, aggravando lo sconforto emotivo e garantendo l’impunità dell’ingannatore.



Dott.ssa Rossana Ferraro

Comments


bottom of page