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La tiroide è una ghiandola endocrina, ossia un organo specializzato nel produrre ormoni che rilascia direttamente nel circolo sanguigno.
Sotto lo stimolo di un ormone ipofisario, il TSH, la tiroide produce gli ormoni tiroidei, tiroxina o T4 che costituisce la maggior parte del secreto, circa il 90%, e la triiodotironina o T3 che ne costituisce il 10%.
La T3 è prodotta anche perifericamente dall’organismo a livello dei vari organi, si parte dalla T4 e rimuovendo un atomo di iodio diventa T3.
Gli ormoni tiroidei stimolano il metabolismo energetico cellulare, intervengono sul metabolismo dei carboidrati, dei grassi e delle proteine, sui processi di crescita e di sviluppo sessuale e sulla funzione di tutti gli organi ed apparati, in particolare del sistema nervoso e del cuore, soprattutto durante le prime settimane di vita.
T4 e T3 sono ormoni contenenti iodio.
Questo elemento viene catturato dalla tiroide e incorporato dalla stessa; quindi, affinché la tiroide funzioni correttamente, è importante che l’organismo introduca con una dieta adeguate quantità di questo elemento; la razione giornaliera raccomandata è di circa 150 microgrammi al giorno.
Malattie della tiroide
Come tutti gli organi, anche la tiroide può ammalarsi. Le malattie della tiroide possono essere distinte in: malattie che riguardano la forma della tiroide e malattie che riguardano la sua funzione, ma le due problematiche possono anche coesistere.
I disturbi principali morfologici sono il gozzo, che è un aumento di volume della ghiandola, e i noduli tiroidei, che possono essere benigni o maligni, costituiti da ammassi di cellule e/o di liquido che si formano nella tiroide.
I disturbi funzionali della tiroide dipendono invece dalla produzione di ormoni tiroidei in eccesso, e sono ipertiroidismo o, in difetto, ipotiroidismo. Questi disturbi sono, insieme all’obesità e al diabete mellito, le patologie endocrine più comuni.
I casi diagnosticati sono in aumento, ma non è ancora stato chiarito se dipenda da una maggiore diffusione degli screening degli esami del sangue e dell’ecografia, o se c’è un reale incremento della patologia.
Le malattie della tiroide sono più frequenti nel sesso femminile e nelle persone che provengono da aree a carenza nutrizionale di iodio, e l’Italia è fra queste.
Come è stato detto, lo iodio è necessario per produrre T3 e T4.
Se la quantità di iodio introdotto è carente, la tiroide fatica a produrre gli ormoni e, tentando di compensare questa carenza, aumenta di volume, generando il gozzo.
La carenza di iodio e il gozzo possono a loro volta favorire la comparsa di noduli tiroidei e di un possibile ipotiroidismo.
I disturbi della tiroide possono manifestarsi con sintomi locali e sintomi generali. I sintomi generali si presentano nel caso di disturbi della funzione tiroidea. Nel caso di una ridotta funzione (ipotiroidismo), i sintomi includono: affaticabilità, sonnolenza, freddolosità, stitichezza, rallentamento dei battiti del cuore, aumento di peso e gonfiore.
Nel caso di un’aumentata funzione (ipertiroidismo), invece, i sintomi includono: intolleranza al caldo, ansia, palpitazioni, perdita di peso e tremori. Praticamente due patologie della stessa ghiandola ma con sintomi opposti. I sintomi locali si presentano nel caso di un gozzo o di noduli tiroidei molto voluminosi che comprimono le strutture circostanti come l’esofago, che causa difficoltà alla deglutizione, e la trachea che causa difficoltà a respirare.
Il gozzo, o il nodulo, possono essere molto visibili sotto forma di rigonfiamento e danneggiare l’estetica del collo e l'estetica generale della persona.
I noduli tiroidei sono quasi sempre asintomatici e vengono scoperti con l’ecografia, per caso. Nel 95% dei casi sono benigni, e solo nel 5% sono tumori maligni.
I fattori che aiutano l’endocrinologo a sospettare la malignità sono: il sesso maschile, l’età (bambini e anziani), la familiarità, una storia di radioterapia alla testa o al collo o esposizioni a radiazioni, e le caratteristiche cliniche del nodulo (consistenza dura, superficie irregolare, fissità alla deglutizione, rapido aumento di dimensioni, presenza di linfonodi del collo sospetti).
C’è da dire che la maggioranza dei noduli maligni sono tumori a bassa aggressività e con eccellenti probabilità di guarigione.
Esami specifici per la tiroide
La diagnostica della tiroide si basa su esami del sangue, ecografia ed ecocolordoppler, scintigrafia, agoaspirato. L’ecografia è importante nella diagnostica del nodulo tiroideo e mediante gli ultrasuoni, consente di valutare il numero, la struttura e la forma del nodulo e i rapporti con il tessuto circostante. Anche la vascolarizzazione, osservata con l’ecocolordoppler, può aiutare nell’interpretazione della natura del nodulo.
La scintigrafia tiroidea è una tecnica medico-nucleare che consiste nella somministrazione di una piccola ed innocua dose di un tracciante radioattivo rapidamente eliminato dall’organismo. Il tracciante viene captato dalle parti attive dalla tiroide e permette di individuare se il nodulo è iperfunzionante (nodulo “caldo”) o non funzionante (nodulo “freddo”).
I noduli caldi sono sempre benigni, mentre i noduli freddi hanno un pur basso ma più significativo rischio di malignità. L’agoaspirato ecoguidato è l’esame per distinguere tra noduli maligni e benigni. Si tratta di un esame ambulatoriale, innocuo, sostanzialmente indolore, che consiste nell’aspirazione, mediante ago sottile, di cellule del nodulo in esame e nel loro successivo esame citologico microscopico. Questa tecnica diagnostica consente di effettuare la selezione di pazienti a rischio limitando i casi da sottoporre ad intervento chirurgico.
Esiste una classificazione a 5 classi con un crescendo di malignità ad ogni classe.
Il trattamento dei disturbi della tiroide deve essere valutato caso per caso. Il trattamento dei noduli tiroidei dipende dalla loro natura; i noduli benigni non richiedono trattamento, ma sempre osservazione, con ripetizione dell’ecocolordoppler tiroideo. Se però questi sono molto grandi (superiori ai 4 cm circa) o causano disturbi, si può valutare l’intervento chirurgico.
Nel caso di noduli maligni o sospetti, invece, l’intervento chirurgico è quasi sempre necessario e il trattamento chirurgico può riguardare l’asportazione di metà tiroide, di tutta la tiroide, e nei casi di tumore accertato anche con l’asportazione dei linfonodi.
Il trattamento dell’ipotiroidismo si basa sulla terapia sostitutiva con tiroxina, che è l’ormone sintetico identico a quello naturale umano, da assumere per bocca a digiuno tutti i giorni almeno 30 minuti prima di colazione oppure anche solo 10 minuti per le formulazioni liquide o capsule molli.
L’ipotiroidismo è una condizione potenzialmente letale, in assenza di terapia sostitutiva, poiché porta, nelle forme evolutive e severe, al “rallentamento” dell’organismo sino, nei casi estremi, alla morte. Il trattamento dell’ipertiroidismo, invece, si basa inizialmente su dei farmaci anti-tiroidei, chiamati tionamidi, che riducono la produzione di ormoni tiroidei, ma a volte è necessaria l’ablazione (con lo iodio radioattivo o l’intervento chirurgico di asportazione). Questa patologia è più complessa e richiede controlli endocrinologici più frequenti. In tutti i casi di ipertiroidismo possono essere usati farmaci sintomatici che ne riducano i sintomi (beta-bloccanti per migliorare la tachicardia, sonniferi per migliorare il sonno).
Interferenti encodrini
Sono più di un migliaio le sostanze chimiche sospettate di interferire nei processi fisiologici umani alterando la normale fisiologia delle reazioni. Sono sostanze dette xenobiotici, cioè estranee all’organismo e in grado di causare effetti biologici indesiderati. Seppure siano presenti a dosi infinitesimali, agiscono come interferenti endocrini, in quanto alterano la funzionalità del sistema endocrino provocando disturbi alla produzione, rilascio, trasporto, metabolizzazione, legame, azione o eliminazione di ormoni naturali del corpo.
Cloro, fluoro, bromo, per esempio, competono con lo iodio nei siti di legami enzimatici, interferendo di conseguenza sulla funzione tiroidea.
L‘organismo viene quindi in contatto con queste sostanze non solo attraverso materie prime contaminate dall’aria, dal terreno e dalle falde acquifere, ma anche attraverso cibi non salutari, industriali.
Le diossine sono reperibili ovunque e ciò è dovuto alla elevata stabilità chimica, (cioè si degradano molto lentamente), e all'uso indiscriminato, fatto nel recente passato, di elevatissime quantità di prodotti chimici contaminati impiegate nell'industria.
La pericolosità delle diossine è data dalla lunga persistenza negli ecosistemi e dalla loro liposolubilità, in quanto si accumulano nel tessuto adiposo degli animali e dell’uomo con un’emivita di oltre dieci anni. Per la tiroide risultano particolarmente dannose in quanto ne alterano la struttura, rendendola meno suscettibile ai segnali provenienti dall’ipofisi.
Altri interferenti endocrini particolarmente dannosi per la tiroide son gli ftalati e il bisfenolo A.
Gli ftalati sono sostanze chimiche in forma liquida, liposolubili e inodore, derivanti dal petrolio, usati soprattutto nell’industria delle materie plastiche: il PVC è il principale materiale in cui vengono aggiunti gli ftalati ed è impiegato in vari settori, da quello automobilistico a quello edilizio, dall’industria di giocattoli e articoli per l’infanzia a quella di prodotti medicali, e sono utilizzati anche nello smalto per le unghie, nelle creme cosmetiche, nei profumi, negli shampoo, nei contenitori e nelle pellicole per alimenti, nei materiali d’imballaggio, ecc..
Il bisfenolo A è un composto organico utilizzato in associazione ad altre sostanze nella produzione di plastiche e resine. In particolare viene usato per la realizzazione di policarbonato (PC), un tipo di plastica rigida e trasparente, altamente resistente e performante, impiegata per la realizzazione di molti oggetti di uso quotidiano, quali contenitori per alimenti, flaconi di shampoo e detersivi, biberon, imballaggi, stoviglie, ecc..
Il bisfenolo A è presente anche in alcune resine usate per produrre pellicole e rivestimenti protettivi, per esempio nelle lattine, e poiché il BPA può migrare in piccole quantità dai contenitori al cibo in essi contenuti, è attraverso la dieta che se ne viene in contatto.
Come tutti gli interferenti endocrini, queste varie sostanze si mimetizzano da ormoni e si legano ai recettori ormonali presenti sulle cellule.
A volte agiscono da agonisti, cioè stimolano i meccanismi regolati dal recettore che agganciano, altre volte da antagonisti e inibiscono questi stessi meccanismi.
Anche l’inquinamento nucleare incide notevolmente sull’aumento delle patologie tiroidee autoimmuni e neoplastiche.
Come conseguenza di un’esplosione nucleare, le polveri e la terra vengono sollevate dal terreno, si mescolano con le microparticelle radioattive derivanti dall’esplosione e formano le cosiddette “piogge radioattive" che possono venire trasportate dai venti e dalle correnti a migliaia di chilometri di distanza, contaminando zone anche molto lontane.
L’incidente della centrale nucleare di Cernobyl, avvenuto il 26 aprile 1986, dove furono immessi nell’atmosfera numerosi radionuclidi e vari isotopi dello iodio (131-I, 132-I, 134-I, 135-I) del cesio (134-Cs, 137-Cs), dell’antimonio e dello stronzio e gas rari altamente tossici quali lo xenon ed il kripton, è considerato un grande fattore di sviluppo delle malattie tiroidee anche oggi.
Il meccanismo è il seguente: i radioisotopi dello Iodio vengono assorbiti prevalentemente per via alimentare e concentrati nella tiroide.
La tiroide ha bisogno dello iodio per sintetizzare gli ormoni tiroidei e assume questo minerale con l’alimentazione (e in minor misura con la respirazione) ma dato che in molti Paesi lo iodio è scarsamente presente nei cibi, la tiroide diventa particolarmente avida di iodio e quindi lo accumula rapidamente appena lo riceve dal sangue.
Quindi, quando un’esplosione nucleare libera grandi quantità di radioisotopi di iodio, questi inquinano l’ambiente (aria, acqua, terra e quindi cibi), e di conseguenza vengono ingeriti con gli alimenti e, dopo essere giunti nel sangue, vengono accumulati dalla tiroide dove si concentrano in dosi elevatissime.
Nella tiroide, pertanto, essi esercitano il loro maggior danno biologico causando alterazioni infiammatorie, autoimmunitarie e anche cancerogene.
La tiroide accumula una quantità di iodio radioattivo inversamente proporzionale alla sua massa e quindi le tiroidi più piccole come quelle dei bambini accumulano più radioiodio delle tiroidi grandi degli adulti.
Infatti, dopo l’incidente di Chernobyl, i bambini (specie quelli sotto i 6 anni o addirittura ancora nel grembo materno al momento del disastro nucleare), hanno registrato un maggior numero di patologie tiroidee rispetto agli adulti.
Alimentazione sana per una tiroide sana
Diversi sono i microelementi che possiamo integrare per nutrire la tiroide, primo fra tutti lo iodio ovviamente, dato che l’organismo produce iodio solo in minime quantità, quindi la fonte principale resta il cibo.
Alimenti che contengono quantità maggiori di iodio: crostacei, pesce soprattutto di mare, molluschi, sale marino, uova.
Il selenio è fondamentale nel processo di conversione dell’ormone T4 nella forma attiva T3, perché componente dell’enzima proteico che catalizza questa reazione. Essendo un minerale presente nei terreni, lo possiamo trovare nelle verdure, cereali e legumi, nella frutta secca e nel riso, soprattutto integrale; inoltre nel tuorlo d’uovo e nel pesce azzurro.
Lo zinco è un altro elemento molto utile perché viene coinvolto in numerose attività enzimatiche ed aiuta molte ghiandole a funzionare al meglio e, tra queste, la tiroide. Lo zinco lo ritroviamo negli stessi alimenti dove è presente il selenio.
La tirosina è un aminoacido precursore della tiroxina, proteina base per la formazione degli ormoni tiroidei. Esso diminuisce drasticamente in condizioni di stress fisico e psichico. Molti alimenti contengono questo aminoacido, chiaramente alimenti proteici come pesce, mandorle, banane, latte ed i suoi derivati, semi di sesamo, avocado e semi di zucca.
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