Purgatorio
Autore: Ilaria Palomba
Editore: Alter Ego
Pagine: 212
Ilaria ha ingerito delle benzodiazepine, ha voltato le spalle a Roma e si è lanciata nel vuoto. Vive mesi lunghissimi in un'unità spinale; non sarebbe dovuta sopravvivere, invece torna addirittura a camminare. Il dolore mentale lascia spazio a quello fisico, spesso si sovrappongono, a volte esplodono, altre volte si silenziano in apatia. Le elucubrazioni raccontano il passato, gli uomini che si sono susseguiti, gli incubi, l'angoscia, un amore smodato per la letteratura e per la filosofia, cosa ha portato al suicidio ma anche ciò che è stato il ritorno alla vita dopo il "grande salto". La clozapina è la protagonista iniziale del romanzo di Ilaria Palomba, la sostanza antipsicotica, infatti, fin da subito, presenta la storia di una giovane donna che, circondata dal dolore e dal vuoto, decide di provare il grande salto, "il suicidio". Il romanzo della Palomba, con estrema efficacia, indaga l’esperienza di ospedalizzazione. Il grande botto, il risveglio, il fare i conti con la nuova situazione psico-fisica, la rabbia, la rassegnazione e infine una forza nuova, che giunge e sembra spingere verso la salvezza.
È una storia intensa, in cui insieme alla protagonista si snodano le storie di diversi personaggi: Hubert, D, Zadkiel e molti altri, che sembrano in qualche maniera accompagnare Ilaria nel suo viaggio esperienziale. Ognuno di essi racconta una sfera diversa: il concetto di rischio, l’accettazione di ciò che si è diventati, l’incontro carnale, il sesso sfrenato dove non vi sono due corpi perfetti di una modellistica in serie, ma due ammassi di verità fuori dal comune. Fino a toccare ed eviscerare conversazioni erotiche, dove non vi è il gesto carnale ma una tensione erotica che trova la sua estrema efficacia in dialoghi potenti. Una delle frasi certamente più forti del libro è: "L’amore dato ad altri è superiore all’amore che ho per la vita". Un’ammissione di questo tipo mette in luce un disagio interiore comune a molti. Da qui, il concetto di un amore che trova spazio solo se riversato in altre vite, ma che lascia asciutto il pozzo interiore di ognuno di noi. L’autrice racconta un fatto viscerale, potente, capace persino di ferire in alcuni punti. È un amore dentato che morde e fa a brandelli ogni possibile pensiero positivo per sé stessi. È un libro sincero che parla a voce alta di una problematica essenziale: quel volo di sedici metri non solo mette in risalto un’infelicità poco espressa, ma mette a nudo una serie di problemi successivi: l’impossibilità di accettare una nuova condizione, il dolore fisico che toglie il respiro, il peso degli occhi altrui puntati addosso, dove per le folle sei solo “la suicida”. Un romanzo a tratti intimo e deciso, una voce precisa che non ha paura di squarciare la realtà e venir fuori prepotentemente nella sua estrema crudezza. Un linguaggio sublime, a tratti quasi poetico, in una storia fuori dal comune che, attraverso il suo titolo, presenta un mondo di mezzo, dove la salvezza e il fuoco finale sembrano destinazioni troppo lontane da raggiungere.
Miriana Kuntz