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Ritenzione idrica. Le cause di un disturbo fastidioso.

Milioni di persone, soprattutto donne, soffrono di un disturbo alquanto diffuso: la ritenzione idrica.

Secondo gli esperti, molteplici possono essere le cause che scatenano il problema tra cui: disfunzioni cardiache, reazioni allergiche, alcuni tipi di infiammazione, ecc..

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Molto spesso, però, questo disturbo è da imputare ad uno stile di vita non proprio sano, uno stile di vita sbagliato, la cui semplice correzione può apportare benefici notevoli.

 

Molte donne accumulano acqua sui fianchi e nelle gambe, dando origine così ad una forma fisica detta “a pera”. Seguono poi le braccia e le spalle. Sì le spalle.

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Molte persone, soprattutto uomini, sviluppano la cosiddetta “sindrome del dromedario”; accumulano molta acqua in tutta la schiena dando origine così ad una sensazione sgradevole, come se si fosse aumentati di peso.

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Ebbene sì, l’accumulo di liquidi in questa zona particolare del corpo, soprattutto maschile, fa sì che le camice iniziano ad andare strette, così come le giacche, disagio percepito da coloro che, per motivi di lavoro, debbono obbligatoriamente indossare abiti eleganti.

 

La cura della ritenzione idrica si basa sulla correzione delle cause che hanno dato origine al disturbo.

Il maggiore responsabile della ritenzione idrica è lo stile di vita.

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Alcune abitudini non proprio salutari come il fumo, l’abuso di bevande alcoliche, largo uso del sale sulle pietanze, abuso di farmaci e di caffè, tacchi troppo alti, ecc.,  contribuiscono ad aggravare la situazione.

L'arma vincente per combattere la ritenzione idrica rimane sempre l'attività fisica.

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Non bisogna pensare che per poter perdere liquidi ci si debba allenare ore e ore in palestra, oppure correre per migliaia di metri magari indossando capi di abbigliamento pesanti, coperti da un bel impermeabile Kway.

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Ricordo che da adolescenti eravamo soliti, per i nostri allenamenti sporadici ed improvvisati, prendere un sacco nero di plastica, quello che si usa per la pattumiera (quello della nettezza urbana per intenderci) e tagliare a forma di mezza luna le parti laterali nella zona alta della busta, così da ottenere una sorta di canottiera da indossare come se fosse la muta da sub.

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Indossato questo improbabile ed economico capo di abbigliamento sportivo, la perdita di liquidi era assicurata.

Era diffusa tra i ragazzi di allora (quando non esisteva ancora internet), l’errata convinzione che quell’acqua, che il nostro corpo espelleva in grandi quantità, fosse il grasso corporeo sciolto a causa del prolungarsi della seduta di allenamento. Tranne poi scoprire che il rilascio dell’acqua era dovuto al fatto che i pori della pelle, essendo ricoperti completamente dalla plastica della busta “nera”, non riuscivano ad incamerare ossigeno.

 

Per questo motivo si dilatavano a più non posso per ottenere quella quota di ossigeno che gli veniva privata dalla plastica stessa.

 

Quella sessione sportiva ci dava la sensazione di aver ottenuto un ottimo risultato.

Chissà, forse l’effetto placebo giocava bene anche il suo ruolo…

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Il movimento, purché eseguito in modo costante e con razionalità, contribuisce, infatti, a riattivare e rinforzare il microcircolo. L'esercizio che più si addice in questi casi è una sana e tranquilla passeggiata, magari ad un ritmo un po’ sostenuto (allegro) che giova a rinforzare la muscolatura delle cosce, dei glutei e dei polpacci.

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Il potenziamento muscolare è uno dei fattori in grado di migliorare tali problematiche.

In definitiva, si consiglia di fare bene attenzione a non confondere l'effetto di ritenzione idrica transitoria con il ristagno di liquidi vero e proprio; un errore di valutazione sarebbe limitante nel raggiungimento dei risultati.


Al termine della seduta, lo stretching, abbinato ad esercizi di controllo respiratorio eseguiti con le gambe in alto, favorisce il ritorno venoso e l'eliminazione delle tossine prodotte.

L'acqua, in tutto ciò, gioca un ruolo fondamentale: è la compagna fedele di viaggio nelle sessioni di allenamento, e non solo.

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Una corretta idratazione è infatti una delle soluzioni più semplici ed efficaci per combattere la ritenzione idrica. Bisogna pertanto sforzarsi di consumare un minimo di 2 litri di acqua al giorno. Se il colore delle urine è troppo scuro e/o di cattivo odore bisogna aumentare il quantitativo di acqua da bere. L’acqua elimina l’acqua.

 

Probabilmente all'inizio, specie se si è abituati a bere poco, l'aumentato introito idrico stimolerà la diuresi, un po' come succede quando l'acqua scivola da un vaso di fiori rinsecchito che viene annaffiato dopo un lungo periodo di tempo.

 

Bevendo frequentemente e a piccoli sorsi, il corpo imparerà tuttavia ad assorbire una maggiore quantità di acqua, un po' come succederebbe per il terreno arido citato nell'esempio precedente.

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Ma c’è un’altra teoria che campeggia tra i cultori di nuove medicine olistiche.

Si ritiene che la ritenzione idrica sia dovuta ad una forte sensazione di solitudine.
 

Essendo noi tutti figli di madre natura, essendo noi tutti animali, evoluti ma animali, seguiamo nostro malgrado il ritmo della natura stessa.
 

Prendendo ad esempio un pesce che nuota in un torrente in piena, può succedere che l’impeto dell’acqua che defluisce verso valle possa far sbalzare fuori il pesce facendolo approdare sulla terra ferma. A questo punto entra in gioco madre natura sotto forma di sistema di sopravvivenza della specie.
 

Il pesce ha un sistema innato di ritenzione idrica - qualora dovesse trovarsi per brevi periodi fuori dall’acqua - che gli permette di sopravvivere.

In quel contesto, il pesce vive un conflitto detto “del profugo”, ossia una solitudine estrema.

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Più si protrae questo conflitto e più il corpo tenderà a trattenere i liquidi per non compromettere le funzioni vitali, tutto nell’attesa che una "nuova onda" dell’acqua del torrente possa ripescare il pesce riportandolo nel flusso continuo della corrente.
 

Solo allora, avendo il pesce risolto il "conflitto di solitudine" e trovandosi nel suo ambiente “naturale”, il suo corpo inizierà a rilasciare i liquidi trattenuti in precedenza.
 

Morale della favola: a volte provare un forte sentimento di solitudine può far sì che il nostro corpo, allertato dal fatto che la nostra sopravvivenza è seriamente compromessa, possa non espellere più di tanto i liquidi ingeriti, dando vita così ai sopracitati disturbi.
 

L’acqua verrà eliminata in modo del tutto “naturale” quando avremo risolto il nostro “conflitto” biologico.

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