Il faggio di Buchenwald
Autore: Michela Cavaliere
Editore: Astro edizioni
Pagine: 410
Siamo in Germania, e Immanuel Stein è un giovane ebreo che trova rifugio nella potenza della musica. Subisce quotidianamente violenze dai suoi coetanei, e il mondo in cui vive gli appare come una prigione oscura. Quando raggiunge l’apice del dolore, decide di togliersi la vita. Tuttavia, Adalbert, un ragazzo tedesco di buona famiglia, dall’altra parte della strada sta suonando una delle canzoni preferite di Immanuel. Quel legame sottile, nato sotto la bellezza di un pianoforte, diverrà prima un rifugio sicuro e poi una profonda storia d’amore.
L’orrore della guerra li travolge. Immanuel viene deportato in uno dei peggiori campi di concentramento, mentre Adalbert si ritrova intrappolato in un sistema che lo costringe a scegliere tra dovere e coscienza. Nei meandri del terrore orchestrato dal dottor Vaernet e dalla spietata Ilse Koch, la strega di Buchenwald, la loro storia diventa una lotta contro il destino.
Può l’amore sopravvivere all’odio? E fino a che punto si può sfidare la follia prima di esserne inghiottiti?
La prima cosa che risalta agli occhi nel libro di Michela Cavaliere è certamente l’importanza della musica. Essa diviene amica salvifica dinanzi a un atto estremo. Le note ascoltate da Immanuel lo dissuadono dal compiere un gesto da cui non si torna indietro, e in qualche modo lo uniscono ad Adalbert, ragazzo di buona famiglia, considerato da Hitler “tedesco puro” perché ariano. “La musica è fedele e sicura”: questa la frase ripetuta da Immanuel davanti a un mondo che lo schernisce, lo costringe a subire violenze e lo allontana dalla bellezza dell’istruzione.
Immanuel, agli occhi del lettore, è un prigioniero senza catene visibili. Il giovane quasi non esce di casa, si sottrae alla luce e alla bellezza della vita. Tuttavia, sarà proprio il rapporto con Adalbert a reintegrarlo nel mondo. Tra i due nascerà prima una profonda amicizia e, col tempo, il loro legame si trasformerà in una meravigliosa storia d’amore.
L’autrice non perde tempo in fronzoli o banalità: la sua narrazione mette al centro i due innamorati, raccontandone la normalità — il primo appuntamento, la prima notte d’amore, la fuga romantica, la voglia di costruire una famiglia insieme. Elementi di grande potenza che si presentano al lettore come frammenti di vita autentica, nulla affatto “inusuale”.
A mettere barriere alla loro felicità sarà la realtà del campo di concentramento.
A Buchenwald, infatti, l’omosessualità, secondo le teorie del dottor Vaernet, è una patologia da individuare e “curare”. Il suo approccio è invasivo e folle, e mette a rischio la vita dei malcapitati pazienti. Accanto a lui si muove la spietata figura della “cagna di Buchenwald”, Ilse Koch: sadica e spregevole, una donna che gode nel fare del male agli internati, capace di compiere atti mostruosi. La vita del campo è raccontata dall’autrice con passi diretti e potenti, capaci di trascinare il lettore in un mondo in cui si respira aria di morte, anche solo attraverso le pagine.
Diverse sono le tematiche affrontate dall’autrice, che attraverso il romanzo non intende soltanto raccontare l’orrore di un periodo storico che non va dimenticato, ma anche mettere al centro l’amore fra due uomini, la ricerca di sé, la potenza salvifica della musica, il limite mentale che può condurre al suicidio, il bullismo, la sopraffazione, le gabbie invisibili e l’orrore di un corpo che, trasformandosi, diviene niente.
La narrazione di Michela Cavaliere è potente e diretta, capace di alternare ricostruzione storica e intensità emotiva. Accanto a momenti di apparente normalità, l’autrice inserisce eventi di estrema drammaticità. Dalla storia d’amore dei due giovani e dalla loro fuga sul lago di Garda, si giunge infatti alla brutalità dell’internamento, alla paura di non rivedersi più, alle famiglie spezzate come fili fragili di cotone da sarto.
È un romanzo che tiene il lettore col fiato sospeso, che lo fa sperare in un esito felice, che alimenta la fiducia nel fatto che l’amore possa davvero vincere su tutto: superare i confini, curare corpi e menti distrutte dalla ferocia umana.
Argomentazioni complesse e feroci, che purtroppo restano attuali anche oggi. Un mondo che sui libri di storia appare lontano, ma che al tempo stesso continua a toccarci da vicino.
Un’anima sensibile, una penna profonda, un romanzo — quello di Michela Cavaliere — che andrebbe letto in tutte le scuole, per non dimenticare.
Miriana Kuntz