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Meraviglioso meravigliarsi

Un sorriso che man mano si fa sempre più grande. Gli occhi sgranati per lo stupore. “Non posso tornare a casa senza aver registrato il suono delle campane”. È ancora emozionato Valerio mentre con il suo smartphone fa un video ai rintocchi delle campane di mezzogiorno della Basilica di Santa Croce a Firenze.

 

Saltella dalla gioia mentre ripete: “Ho sempre desiderato essere in questa piazza nel momento in cui cominciavano a suonare le campane”. Un entusiasmo coinvolgente e lo stesso sguardo felice del giorno precedente, quando per la prima volta ha mangiato un panino con il lampredotto.

 

Delle tante bellezze di Firenze, a questo ragazzo dai capelli ricci e dai grandi occhi neri, rimarrà indelebile il ricordo dell’alternarsi delle campane e di quel panino tipico fiorentino, gustato più che altro come una sfida del palato.

Non avevo troppe spiegazioni ai motivi che avevano scatenato tanta gioia in Valerio. In realtà io stessa ho avvertito una carica di energia. Entrambi eravamo pieni di meraviglia. Ho iniziato a sorridere, proseguendo il tour fiorentino con più motivazione insieme ai miei compagni di viaggio.

 

 

Mi dai una penna, per favore?”. Questa richiesta interrompe il silenzio serale in salotto. Domando se ho capito bene e con convinzione mio padre ripete di volere una penna. Stupita, prendo un pennarello e mi metto ad osservare, fingendo indifferenza.

 

Come un bambino che muove piccoli passi, mio padre guarda la penna e cerca di impugnarla in modo corretto, come se fosse la prima volta. Prende il block- notes, che è nel centrotavola, e inizia a tratteggiare una riga. Si interrompe, poi ricomincia. Lentamente.

 

La mano non è ferma; il tremore è uno dei limiti legati alla malattia. Una lettera dopo l’altra, c’è il suo nome. Continua e scrive il cognome. Quando ha finito, esclama soddisfatto: “Ecco la mia firma”. I suoi occhi brillano davanti a quella firma messa nero su bianco. Non è allineata, non potrebbe essere altrimenti.

 

Sono diventate faticose tante azioni quotidiane, dalle più semplici e abituali, a quelle più complesse. La scrittura è una di queste. La sua è stata sempre chiara, ordinata, elegante. Tutto il contrario della mia. Poi man mano, ha cominciato ad avere difficoltà.

 

Fino a poco tempo fa scriveva ancora sul suo libretto, usato solitamente per prendere appunti, fare calcoli, segnare dei numeri di telefono. Mio padre è sempre stato anche un buon lettore, appassionato soprattutto di storia, geografia, astronomia.

 

Ancora oggi continua ad avere una serie di libri sul tavolo e, nonostante faccia fatica, mette gli occhiali da lettura e sfoglia i vari capitoli.

 

Quella sera ho visto mio padre felice. Aveva fatto una cosa semplice, ma era felice. Perché si era riappropriato per un attimo, attraverso quella firma, della sua identità e della sua indipendenza. Ci siamo guardati con meraviglia. Questo stato d’animo di innocente stupore mi ha contagiato, rendendo felice anche me.

 

 

Un viaggio da sud a nord. Dopo i mesi di lockdown e di isolamento sociale si torna a viaggiare. È sembrato quasi strano sedersi in treno accanto a un altro passeggero e scambiare due chiacchiere, seppur con le mascherine.

 

Avevo dimenticato quella sensazione di vicinanza, che per un attimo, non lo nego, mi ha fatto sentire un po’ a disagio. Nei chilometri percorsi a bordo di tre treni diversi, toccando varie regioni, ho avuto modo di apprezzare la bellezza del nostro territorio. Pianure, colline, il Tirreno, l’Adriatico, le Alpi e gli Appennini.

 

In un solo viaggio ho ammirato colori e paesaggi che nel frattempo sono rimasti lì. Pronti a stupire nuovamente e a dare il benvenuto. Mentre gli occhi si riempivano di meraviglia, anche la conversazione pian piano è diventata più fluente.

 

Ho riscoperto il piacere del confronto, lo stupore nell’ascoltare storie diverse e l’alternarsi di inflessioni e accenti differenti. Alla fine di quella giornata sono arrivata in albergo carica e con qualche conoscenza in più.

 

Dalla signora che si era trasferita, quarant’anni fa, da Roma in Veneto per amore, al giovane pugliese che dalla sua città, con una valigia enorme, raggiungeva il Friuli per iniziare il suo primo lavoro. Fino alla ragazza campana che tornava in Trentino dove lavorava in una struttura sanitaria. Era andata a Salerno per fare un concorso, nella speranza di trovare un lavoro più vicino casa, e al rientro aveva portato con sé una confezione di mozzarelle di bufala “per non sentire molto la mancanza della mia terra”.

 

Storie di vita che hanno descritto sogni e destini. Incontri che hanno riacceso la voglia di conoscere e che, soprattutto, hanno regalato il dono della meraviglia.

 

 

Tre piccoli racconti che riflettono il valore di una sensazione importante: la MERAVIGLIA. Le tre storie hanno in comune proprio questo stato d’animo, capace di coinvolgere i protagonisti e chi c’è intorno.

 

Semplici azioni che hanno generato gioia, sguardi emozionati e un’energia contagiosa che, lì per lì, è stata quasi inspiegabile.

 

Ma a pensarci bene, basta così poco per avere occhi pieni di meraviglia ed essere felici. Ognuno a modo proprio. Quando accade, succede un piccolo miracolo fatto di varie sfumature e, di questi tempi, sapere che il “GiornoBuono” esiste, non è poi così male.

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Buona lettura

​

Maria Brigida Langellotti

Giornalista

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“Meravigliarsi di ogni cosa è il primo passo della ragione verso la scoperta”

(Louis Pasteur)

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