Acerca de
Armoniche convivenze
Il coraggio, la paura. L’illusione, il disincanto.
La fiducia, la diffidenza. La speranza, lo sconforto.
Il desiderio, l’apatia. La scoperta, l’ovvietà.
L’attrazione, il rifiuto. L’impulsività, la riflessione.
La pazienza, l’intolleranza. Lo stupore, la resa.
La determinazione, l’indecisione. L’entusiasmo, il disinteresse.
La fragilità, la forza. La coerenza, l’incongruenza.
L’ironia, la rigidità. Il sollievo, il dolore.
Il silenzio, il frastuono. La consapevolezza, l’incoscienza.
Il rispetto, la noncuranza. La stima, il discredito.
La stanchezza, l’energia. L’affiatamento, l’incomprensione.
I sorrisi spontanei, le malinconie improvvise.
La tenerezza, l’indifferenza.
Le parole delicate e quelle affilate.
I suoni dolci e quelli assordanti.
Il guardare, il toccare. La ragione, il cuore.
Volere e non volere, essere o non essere. Proprio questo è il dilemma. Siamo fatti di tante anime, sfumature che convivono e si riconoscono anche nei riflessi di uno specchio infranto. Tutti, infatti, possiamo provare sentimenti positivi e negativi allo stesso tempo, da sembrare contraddizioni insite nella stessa mente.
Un loop emotivo piuttosto comune e frequente.
A chi non è capitato di avere sensazioni opposte, ma della stessa intensità, verso qualcuno o essere travolti da dubbi nei confronti di situazioni o cose. Così si può provare contemporaneamente affetto e rancore, talvolta addirittura amore e odio. Ci si può sentire attratti da una persona, ma frenati da tanti interrogativi, anche senza una reale motivazione. Si desidera stare vicino alla persona cara, poi può succedere che ci si allontana, in un continuo avanzare ed esitare, con l’andamento di un elastico.
Come non è inconsueto essere allettati da una nuova opportunità lavorativa, ma restare incerti. Quante volte ci si pone domande su comportamenti ordinari, come l’acquisto di un vestito, o a situazioni più profonde: “Mi piace davvero uscire con quegli amici? Voglio trascorrere del tempo con quella persona?” Fare una scelta piuttosto che un’altra porta sempre una certa percentuale di rischio e spesso si teme di sentirsi inadeguati rispetto alle varie alternative.
Sentimenti simultanei che mettono a dura prova il nostro equilibrio. Tutto questo implica una ginnastica mentale non indifferente. In che modo comportarsi e quale voce interiore ascoltare?
Non è risolutivo fare un passo indietro di fronte agli stati d’animo ambivalenti, che reclamano la coesistenza di due desideri opposti. La via di fuga non rappresenta solitamente la soluzione per chi si trova davanti a un bivio. Cercare di capire ciò che si sente nel profondo o considerare la situazione con distacco, come se si fosse un osservatore esterno, permetterà di essere più lucidi e analitici.
Se queste duplici sensazioni riguardano il rapporto con gli altri diventa essenziale parlarne. Non serve scappare dagli stati d’animo o dalle situazioni perché tale alternativa non farebbe che mettere barriere senza alcun senso.
Avere percezioni contrastanti non è sempre sinonimo di incoerenza e indecisione, ma rivela la nostra complessità e la ricchezza delle emozioni.
Questa doppia faccia della medaglia rientra nella gamma emotiva della normalità a conferma del fatto che la mente non è affatto un marchingegno perfetto.
La convivenza emotiva è fondamentale per non vivere situazioni di disagio con se stessi e con gli altri. Bisogna avere la consapevolezza che tutte le emozioni hanno un perché.
Non esiste una formula magica che fa risalire all’origine, ma un buon primo passo potrebbe essere quello di concedersi l’opportunità di provare, di investire, di rischiare, di essere tolleranti con il proprio io e di accettarne le fragilità che si manifestano sotto forma di dubbi e domande.
Si traccerebbe una nuova visione di se stessi che renderebbe più umani ed autentici.
Questo potrebbe aiutare a non perdere le occasioni della vita, a non restare chiusi nei silenzi, aspettando
“Il GiornoBuono”.
Maria Brigida Langellotti
Giornalista
“Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia”
(Catullo)